A pochi passi dalla mia galleria, nella zona di Città Studi a Milano, sorgono molti edifici modernisti. Una visita alla zona è un’avventura nelle maglie del boom economico italiano, ma anche nei disastri della Seconda Guerra Mondiale, che lasciò a Milano così tante ferite da creare un nuovo spazio urbanistico in cui l’architettura moderna ha potuto risplendere. Passeggiando per il quartiere si incontrano per esempio i padiglioni universitari di Biologia di Vico Magistretti, o quelli di Architettura di Giordano Forti, Gio Ponti e Piero Portaluppi o la Chiesa di San Pio X di Giuseppe Chinigher.

La zona presentava già un repertorio piuttosto interessante di nuove architetture: fin dall’inizio del ‘900, infatti, con l’attività del Politecnico, il quartiere si era animato con la presenza della Casa Corbellini-Wassermann di Piero Portaluppi, oggi sede della mia galleria. Prima ancora, negli anni ’20, gli ingegneri Molinari e Danusso e l’architetto Nicoli avevano dato vita a uno degli edifici più curiosi del tempo, subito ribattezzato con l’acume distante tipico meneghino “il Cremlino”, per lo stile Soviet e per le sue cupole e pinnacoli.

Uno dei gioielli indiscussi della zona, non frequentato quanto si dovrebbe, è la chiesa di San Luca Evangelista, disegnata da Gio Ponti nella seconda metà degli anni ’50. Una breve scalinata prelude a tre portali che si aprono su una facciata di gres grigio, atipica per l’architettura sacra. La struttura architettonica si ispira alla forma archetipica della capanna, un ritorno alle origini della religiosità, ma anche un simbolo di semplicità e rigore, come diceva proprio Ponti: “costruire una chiesa è un po’ come ricostruire la religione, restituirla alla sua essenza”. All’interno la struttura di pilastri e travi disegna un tessuto geometrico attraversato dalla luce naturale che penetra dagli inserti in vetro cemento. L’atmosfera è sospesa e intensa: la chiesa di Gio Ponti è il culmine più alto di una camminata nel quartiere alla ricerca del linguaggio architettonico modernista.