Sentiva l’odore della democrazia, l’Italia del Dopoguerra che ripartiva dalla cultura. Il museo era considerato un’istituzione essenziale quanto la scuola e l’ospedale. La stampa s’interessava all’apertura dei musei seguendo personalità carismatiche quali Palma Bucarelli, Fernanda Wittgens e Caterina Marcenaro che, a capo dell’ufficio Belle Arti di Genova, con Franco Albini reinventò la rete museale civica rendendola inscindibile dal binomio patrimonio/paesaggio enunciato dall’articolo 9 della Costituzione.
Marcenaro, antifascista, amica di Berenson, Venturi, Longhi, Argan, Ragghianti, Zeri, trasformò con Albini il concetto di museo in istituzione dinamica, aprendo a funzioni nuove come la didattica e inaugurando la stagione d’oro della museologia italiana, che grazie a lei nel 1963 divenne materia d’insegnamento, per la prima volta, nell’ateneo genovese.
Dell’attivismo Marcenaro/Albini a Palazzo Bianco non resta nulla, a Palazzo Rosso poco. È integro lo straordinario scrigno ipogeo del Museo del Tesoro di San Lorenzo, per il quale Albini si lasciò ispirare dalla thòlos micenea.
Per Caterina Marcenaro Albini concepì l’appartamento nel sottotetto di Palazzo Rosso: “L’appartamento di un amatore d’Arte” (Domus n° 307, giugno 1955), una macchina museale declinata al privato che ha segnato la storia dell’abitare in Italia. Dal 2004 la casa, per la sua collezione e i suoi arredi, è parte del percorso del museo, patrimonio UNESCO assieme agli altri musei di Strada Nuova.