Percorrendo la via delle Fonti, a sud della campagna fiorentina, ci si imbatte in un’antica architettura di tipo rurale, pressoché sconosciuta e nascosta dalla vegetazione.
Alzando lo sguardo verso il colle, si intravede tra i cipressi il torrione in pietra della villa Il Riposo, un tempo proprietà di Bernardo Vecchietti, consigliere di Francesco I de Medici.
Ne scrive nel 1584 Raffaello Borghini, nel trattato artistico intitolato Il riposo, ambientandovi una serie di conversazioni riguardo alla pittura e alla scultura. lI Riposo, così come fu ideato dal Vecchietti, era un vero e proprio complesso suburbano, alla cui villa erano collegati i diversi luoghi del parco. Anche l’architettura rurale ne faceva parte, costituendone il ninfeo: un locus amoenus di tipo arcadico, chiamato Fonte della Fata Morgana.
La fonte su cui sorgeva doveva esistere sin dall’antichità, ma l’architettura cosiddetta “alla rustica” fu realizzata intorno al 1573.

Doveva trattarsi di un progetto molto ambizioso per l’epoca, che tendeva a sovvertire le leggi della natura. Per la costruzione del ninfeo fu eliminata una parte del colle, creando all’esterno un vuoto artificiale, racchiuso tra le due facciate ortogonali, mentre all’interno la grotta fu scavata ulteriormente. L’esterno, con la fonte destinata al pubblico utilizzo, rivestiva così un ruolo quasi scenografico. L’interno, nascosto nel segreto della collina, ospitava invece il mondo privato del committente.
Numerosi erano le iscrizioni all’esterno e gli stemmi, tra cui quello mediceo, rimossi prima che la proprietà fosse alienata al comune. In particolare sulla parete di fondo doveva trovarsi un bassorilievo raffigurante il volto della Fata Morgana, che posta sopra la targa, pronunciava in prima persona, i versi rivolti al lettore:
Io son quella, o Lettor, fata Morgana,
che giovin qui ringioveniva altrui:
Qui dal Vecchietto, poiché vecchia io fui,
Ringiovenita colla sua fontana.
MDLXXIII
All’interno della grotta si trova ancora oggi una fontana in pietra serena, dove un tempo poggiava il busto marmoreo di Morgana. Sul retro, le piccole scale conducono ai minuti ambienti privati e al ballatoio. L’architettura si attribuisce generalmente al Giambologna, ma sappiamo con certezza che di sua mano è la sola statua di Morgana, la quale, rimossa dalla fonte sin dalla fine XVIII secolo, riapparve inaspettatamente nel 1989 in un’asta di Christie’s al Wrotham Park di Londra.

Molte speculazioni possono essere avanzate rispetto ai significati risposti da questo luogo, certamente in linea con i gusti e le tendenze sperimentali della classe regnante dell’epoca, ed in particolare del Granduca Francesco I, noto per i suoi interessi alchemici. L’iconografia di Morgana e le iscrizioni ad essa legate avrebbero potuto riferirsi al ciclo delle vite, così come il serrato gioco architettonico avrebbe potuto essere teso ad esaltare la materia, che a quel tempo era interessata non solo da sperimentazioni di tipo artistico, ma anche di tipo alchemico. Di fatto il Vecchietti si servì della fonte, necessaria alle suggestioni elaborate per la sua grotta, con quell’attitudine manierista di sottomettere la natura alla scienza, incastonando il suo misterioso ninfeo all’interno della campagna fiorentina.