Se ne parlerà molto. “Go! Borderless: Nova Gorica e Gorizia Capitale europea della cultura 2025”. Capitale, non capitali. Un progetto inimmaginabile trent’anni fa, dopo che la dissoluzione della Jugoslavia portò il governo di Belgrado a inviare carri armati al confine, ingannando i soldati con la minaccia di un fantomatico attacco da Occidente. Appena scoperta la verità, essi disertarono.
La Guerra Fredda qui la si toccava con mano: dal 1947 reticolati e guardie di confine furono posti a dividere terre legate da secoli, un muro di Berlino tutto nostro in quella che i viennesi chiamavano, per la mitezza del clima, la vicinanza al mare e gli ottimi vini, “Nizza austriaca”. E poi nel 2004 l’adesione della Slovenia all’Unione Europea e tre anni dopo con Schengen l’inizio di un lento rammendo tra le due parti un tempo in lotta.
Bisogna visitarla con calma, Gorizia. Un centro storico perfettamente conservato, gioielli costruiti da architetti del luogo come Nicolò Pacassi (Schönbrunn a Vienna è il suo capolavoro) o Max Fabiani. Di Pacassi il Palazzo Attems-Petzenstein, che ospita la Pinacoteca, ricca di opere di grande fascino, dall’epopea Biedermeier di Giuseppe Tominz ai brividi roboanti di Tullio Crali. E poi il monastero di Castagnevizza, con le tombe dell’ultimo Borbone regnante in Francia, Carlo X, e della sua stirpe. Gorizia è da visitare con calma: sorseggiando un Collio, un Carso, un Isonzo, uno Schioppettino, per non pensare troppo alla storia, alle guerre, ma al futuro, all’Europa!