Una colonia di famelici lupi giunge a piazza de’ Pitti a Firenze… Pare l’inizio di un racconto distopico, che contiene una premonizione sugli effetti disastrosi del rapporto conflittuale fra natura e uomo; e invece si tratta di un’installazione dello scultore cinese Liu Ruowang (1977), uno dei migliori artisti emergenti del Lontano Oriente installata difrotne a Palazzo Pitti.
I lupi di ferro ringhiano minacciosi verso la facciata del palazzo, il celebre fronte a bugnato progettato da Filippo Brunelleschi. È chiaro, dunque, l’intento di Liu di giustapporre, alla mole monumentale quanto armoniosa del prospetto brunelleschiano di Palazzo Pitti, l’arrivo dirompente della distruzione portata dai lupi, in risposta, sia chiaro, all’atteggiamento predatorio – e privo ormai di qualsiasi equilibrio razionale – dell’uomo nei confronti dell’ambiente.
Tuttavia, risulta manifesto anche il legame tra la raffigurazione plastica e maestosa delle belve e la consuetudine dell’arte fiorentina, da sempre orientata alla descrizione del mondo naturale. Le fiere per secoli hanno popolato le digressioni poetiche di artisti e intellettuali sulle rive dell’Arno. Dal “porcellino” – in realtà un cinghiale per nulla mansueto – di Pietro Tacca, all’ippopotamo fatto imbalsamare ed esporre da Cosimo III a Boboli, i lupi che oggi giungono da Ponte Vecchio sono gli eredi di tanti altri prodigi di natura, ricorrenti in passato nella vita e nell’arte di Firenze, e incarnazione di uno spirito dionisiaco, palese del resto nella vita della città, che non riesce in alcun modo a riconoscersi nella misura razionale – e rinascimentale – degli spazi urbani.
