Quando percorro la strada che porta alla Fonderia Nolana ho come l’impressione di arrivare alla fine del mondo conosciuto. Per chi conosce l’area, la sensazione di trovarsi a un valico potrebbe non essere nuova: la strada che smista mezzi pesanti tra l’interporto e le terre messe a coltivazione sembra morire alle pendici dell’Appennino, mentre, pur constatando un paesaggio molto differente da quello che si immagina per le aree alle pendici del vulcano, si è accompagnati dalla vista in lontananza del Vesuvio. La terra che ha dato i natali a Giordano Bruno è uno dei principali propulsori di agricoltura, industria e manifattura campana: se non qui, dove poteva trovar posto un’esperienza come quella incarnata dalla Fonderia Nolana?

Un’azienda che ha intrecciato la propria attività con la passione per l’arte contemporanea, collaborando alla produzione di opere con artisti, musei e gallerie nazionali e internazionali. Ciò che mi ha sempre colpito non è tanto l’avanzata tecnologia di cui si servono, ma la percezione che l’arte sia disseminata ovunque, tale da rendere l’intero complesso una sorta di mastodontico atelier.

Non è difficile incontrare artisti in questi spazi, come fossero in residenza, e scambiare con loro qualche parola mentre curano la realizzazione delle proprie opere, in vesti molto differenti dal solito. Un’azienda, una famiglia, che diventa vera e propria esperienza culturale, un esempio virtuoso di ciò che attraverso l’arte si può lasciare al territorio.
